La reale effettività del Diritto internazionale umanitario: cosa succede quando viene violato
di Maddalena Formica
Il diritto internazionale umanitario ha avuto e ha tuttora l’enorme pregio di tentare di spostare l’attenzione verso le popolazioni civili, ovvero verso quelle vittime innocenti che si trovano a loro discapito a vivere in situazioni di conflitto che di umano, per loro natura, hanno davvero poco.
Nonostante questo importantissimo obiettivo e i progressi che, da un secolo a questa parte, sono stati lentamente fatti, il diritto internazionale umanitario risulta ancora oggi uno dei rami del diritto meno rispettati. Ciò avviene un po’ per mancanza di risorse, ma il più delle volte si assiste ad una vera e propria mancanza di volontà delle parti in conflitto: non deve sorprendere dunque che la sua reale effettività sia stata più volte contesta, al punto che alcuni autori mettono in dubbio l’esigenza di continuare ad applicarlo, o meglio di continuare a pretendere che venga applicato. Ovviamente i seppur lenti progressi compiuti e i limiti che piano piano gli Stati stanno incominciando ad interiorizzare, sul piano interno e internazionale, sono già non solo una buona riposta a tali dubbi ma anche un incoraggiamento a continuare a lavorare perché la sua applicazione sia sempre più estesa e, soprattutto, più rispettata nelle zone di conflitto.
Ma in che modo, allora, le violazioni del diritto internazionale umanitario vengono sanzionate a livello giuridico?
In generale si possono distinguere due tipologie di reazioni: vi sono le reazioni che possono sorgere durante il conflitto, quando la violazione è ancora in corso, e le reazioni successive alla violazione, il più delle volte intraprese al termine del conflitto stesso.
Per quanto riguarda le reazioni che possono nascere durante il conflitto armato, un ruolo centrale è rivestito dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Sulla base dell’articolo 41 della Carta dell’ONU, in particolare, il Consiglio può adottare delle sanzioni economiche, commerciali o giudiziarie nei confronti di chiunque ritenga stia minacciando la pace e la sicurezza mondiale con delle violazioni del diritto internazionale umanitario.
Se tali misure non risultassero però sufficienti, l’articolo 42 Carta dell’ONU riconosce eccezionalmente al Consiglio di Sicurezza la possibilità di intervenire militarmente, sia in un conflitto armato internazionale sia in un conflitto dove a fronteggiarsi sono dei gruppi armati interni, qualora il loro scontro causi tensioni anche al difuori dello Stato stesso. Tale articolo non è però mai stato applicato e vi è ragione di credere che difficilmente lo sarà in un futuro prossimo, dal momento che gli Stati lo vedrebbero come un’ingerenza eccessiva da parte della comunità internazionale nei loro affari ed interessi. Nonostante questo, le Nazioni Unite hanno comunque nella pratica esteso la possibilità di agire sul territorio di uno Stato anche senza il suo consenso per mezzo di operazioni di peacekeeping o di mantenimento della pace, sempre più frequenti, sebbene talvolta poco riuscite (basti pensare al tragico genocidio di Srebrenica del 1995 durante il conflitto in Bosnia ed Erzegovina).
In questi casi la violazione del diritto internazionale umanitario può legittimare la paura di una minaccia alla pace e alla sicurezza mondiale e, di conseguenza, l’uso della forza da parte delle Nazioni Unite. Qualsiasi forma di intervento armato unilaterale da parte di uno Stato sul territorio di un altro e senza il consenso di quest’ultimo è invece vietato, rientrando nel novero delle ipotesi di aggressione.
Nel momento in cui però il conflitto termina e la situazione sorta in violazione del diritto internazionale umanitario è conclusa, rimane comunque possibile la ricerca dei responsabili e la loro eventuale condanna: ad entrare in gioco è questa volta la Corte Penale Internazionale che è infatti competente per decidere sulle violazioni così gravi del diritto internazionale umanitario da concretizzare l’ipotesi di crimini di guerra.
Molti dubbi, dunque, sono sollevati ogni anno in dottrina circa l’utilità e l’effettività del diritto internazionale umanitario ed ogni conflitto che purtroppo ancora oggi sorge ad ogni angolo del mondo rimette in discussione il percorso che è stato fatto e quello, ancora lungo e tortuoso, che resta da fare, ma se un mondo senza guerre è attualmente un’utopia, una guerra dove i diritti umani di base possano essere garantiti no: gli strumenti, almeno a livello teorico, ci sono, il resto è tutto in mano agli Stati e, grazie al potere dell’informazione e della comunicazione, anche nelle mani di ognuno di noi.