La scarcerazione di Patrick Zaki
E’ giunta ieri, 7 dicembre 2021, la bellissima notizia della prossima scarcerazione di Patrick Zaki, lo studente dell’Università di Bologna arrestato in Egitto il 7 febbraio del 2020.
Abbiamo chiesto un commento alla bella news al nostro Direttore, Giuseppe Acconcia, giornalista, saggista e ricercatore presso l’Ateneo di Padova, esperto in cultura e politica del Medioriente.
“La notizia ci riempie di gioia, non aspettavamo altro; speriamo che possa tornare al più presto alla sua vita e ai suoi studi, che torni in italia e che ottenga la cittadinanza italiana. Si deve attendere il 1 febbraio per la nuova udienza, però potrebbe tornare prima.
Le accuse che gli sono state mosse sono prive di senso: anche il solo fatto di aver scritto un articolo sui copti – che riguarda un reato di opinione – anche in Egitto non prevede la carcerazione, per cui non c’era nessun motivo per tenerlo in prigione. la sua detenzione è stata estesa di 45 giorni in 45 giorni e questo dimostra ulteriormente che si sia trattato di un arresto e di una detenzione arbitraria. Zaki, inoltre, ha subito violenza nel momento in cui è stato arrestato all’aeroporto de Il Cairo.
E’ molto importante che le autorità italiane continuino a fare pressione perchè possa fare ritorno in Italia; non bisogna dimenticare, però, che ancora ci sono 60.000 egiziani che continuano ad rimanere in prigione e anche per loro bisogna continuare a lottare; ricordiamo, ad esempio, Haitham Mohammadin attivista per i lavoratori, Ismail Iskandarani che si occupai di Sinai e non si sa nemmeno dove sia detenuto e Ahmed Samir Santawi un altro ricercatore per cui, ancora una volta, la libertà accademica viene messa sotto attacco.
Il processo che è stato avviato in Italia per chiedere verità e giustizia per Giulio Regeni e il caso di Zaki erano e sono legati a doppio filo: è probabile che il fermo che ha avuto il processo in Italia abbia fatto ragionare le autorità egiziane che non hanno più bisogno di una merce di scambio in quanto gli egiziani non volevano che venissero criticate le forze di sicurezza egiziane, che invece è accaduto con le accuse mosse ai quattro agenti che avrebbero torturato e ucciso Regeni. Le autorità egiziane non vogliono fornire i loro indirizzi, non vogliono che vengano trovati e hanno utilizzato l’arresto sommario di un cittadino egiziano che studiava in Italia per fare, a loro volta, pressioni. Si sono chiuse le indagini parlamentari sul caso Regeni e, quindi, ora non c’è bisogno di ricattare l’Italia con Zaki. Ma è importante continuare a dare battaglia per chiedere sempre e fino alla fine verità e giustizia per Giulio”.