“America latina. Diritti negati”. González Urrutia: in esilio, ma vivo
di Tini Codazzi
Ci sono due correnti di pensiero sulla decisione del presidente eletto del Venezuela, Edmundo González Urrutia, di chiedere asilo e andare in esilio in Spagna.
La prima è quella delle persone deluse, che pensavano che non avrebbe mai lasciato il Paese o che non avrebbe dovuto lasciarlo, interpretando questa decisione come sinonimo di vigliaccheria, di ricerca della via d’uscita più facile, pensando che la lotta dall’estero non potrebbe continuare.
La seconda scuola di pensiero, che è quella che condivido, è che il presidente eletto ormai non era più protetto in Venezuela e quindi lasciare (attenzione, non abbandonare) il Paese e andare in esilio significa rimanere protetti e vivi. Mi sembra meglio, in queste particolari e gravi circostanze, avere un presidente eletto vivo ma in esilio, che un presidente eletto ingiustamente imprigionato e torturato. In esilio dove può svolgere un lavoro diplomatico in tutto il mondo democratico occidentale, dove può dimostrare realmente e fisicamente di aver vinto le elezioni. Edmundo González Urrutia è un diplomatico di lunga data, un uomo molto rispettato a livello internazionale. Ciò che può fare per il Venezuela in questo momento critico sembrerebbe essere più efficace dall’estero che non dal Venezuela, dove era nascosto da più di un mese.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso e che ha portato a questa amara decisione è stato l’episodio all’ambasciata argentina a Caracas. È di dominio pubblico che nell’ambasciata argentina, attualmente presidiata dal Brasile, si sono rifugiati 6 membri dell’opposizione e della squadra di Maria Corina Machado lo scorso marzo. Venerdì scorso, il regime ha revocato il consenso al Brasile per sorvegliare l’ambasciata argentina, così le forze di sicurezza hanno circondato l’edificio, hanno tolto l’elettricità, hanno chiuso le strade adiacenti, isolandola completamente. La condanna e il rifiuto totale sono arrevati immediatamente da parte dei governi dei due Paesi coinvolti, Argentina e Brasile, stava per verificarsi un grave incidente diplomatico che avrebbe complicato ancora di più la situazione. Il regime ha inviato un chiaro messaggio all’opposizione e anche all’ambasciata olandese, luogo in cui si era rifugiato Urrutia insieme alla moglie: qualsiasi sede diplomatica è vulnerabile in Venezuela, dove vige una dittatura e non esiste uno Stato di diritto. Il Ministero degli Esteri venezuelano ha consegnato all’Incaricato d’Affari del Regno dei Paesi Bassi, Robert Schuddeboom, una nota di protesta per quello che Maduro definisce “un comportamento illegale e di ingerenza della rappresentanza diplomatica”, nonostante questo il Ministro degli Esteri olandese continua a dichiarare con orgoglio l’aiuto che il suo Paese ha dato a Urrutia per quasi due mesi. Fin dall’inizio i Paesi Bassi lo hanno considerato come il presidente eletto. Come già sappiamo, Edmundo González ha lasciato il Paese a bordo di un aereo militare spagnolo. In cambio, si dice che abbia chiesto il rilascio dei prigionieri politici. Tuttavia, dopo due giorni, tutto tace da parte del regime.
Machado ha assicurato in conferenza stampa questo scorso lunedì che Edmundo svolgerà le sue funzioni di presidente eletto dall’esilio, ma ammette che questa nuova fase intensifica il rischio per lei. Mentre lei parlava, il presidente eletto ha rilasciato una dichiarazione dopo essere arrivato a Madrid. Ha detto: “Ho preso questa decisione pensando al Venezuela e al fatto che il nostro destino come Paese non può, non deve, essere quello di un conflitto di dolore e sofferenza (…) Solo la politica del dialogo può riportarci insieme come compatrioti. Solo la democrazia e la realizzazione della volontà popolare possono essere la strada per il nostro futuro come Paese e io continuerò a impegnarmi per questo”.
Mentre scriviamo queste righe, la diaspora venezuelana che vive nella capitale spagnola è scesa in piazza per manifestare il proprio sostegno a González Urrutia, radunandosi nella Plaza de las Cortes di Madrid, sede del Parlamento spagnolo, dove si sta discutendo la proposta del Partito Popolare di riconoscere ufficialmente e legalmente González come vincitore delle elezioni. Sarebbe un grande passo a livello internazionale e un punto a favore che aprirebbe alcune porte democratiche dove, come dice Maria Corina, si è già avviata la transizione.
ULTIMA ORA! (delle 17.00, 11 settembre 2024) Una buona notizia:
Con 177 voti a favore e 164 contrari, il Congresso spagnolo riconosce EGU come presidente eletto del Venezuela. Il Partito Popolare ha ricevuto il sostegno del Partito Nazionalista Basco per ottenere la maggioranza. Tuttavia, Pedro Sánchez ha rinviato il riconoscimento di Edmundo González per “cercare una mediazione in Venezuela”. “Fino alla fine dell’anno dobbiamo mantenere un margine per trovare una via d’uscita al fine di trasmettere la volontà del popolo venezuelano alle urne”. Nei prossimi giorni e al suo ritorno dall’Asia, si troverà faccia a faccia con Edmundo. È lì che scopriremo le restrizioni o la libertà che il presidente eletto venezuelano avrà per continuare la lotta per la sua proclamazione, ora dall’esilio.