Bilal: una storia che ti entra dentro
Bilal è un nome proprio ed è il titolo dello spettacolo in scena al Teatro Elfo-Puccini di Milano fino a domenica prossima. Tratto dal libro di Fabrizio Gatti è stato adattato per le scene da Annalisa Bianco. Chi è Bilal? E’ lo scrittore/giornalista che, sotto la copertura di un nome falso, ripercorre il viaggio infernale di coloro che, dall’Africa subsahariana approda in Libia e poi a Lampedusa.
La recensione dello spettacolo che vi proponiamo è a cura di Marzia Devoto, che ringraziamo molto.
Spettacolo che entra dentro.
Non è uno spettacolo, è qualcosa che va oltre.
La dinamica mimica della narrazione spesso è tinteggiata di commovente e drammatica comicità.
E’ un ping pong tra il racconto di storie umane di cui Bilal è la voce narrante – in viaggio lungo la tratta che da Dakar porta in Italia – e il mondo esterno, tra la speranza di partire e la consapevolezza che presto morirai.
Il testo teatrale sembra voler comunicare: “Noi spettatori con quale conoscenza-coscienza assistiamo al destino clandestino di chi ha la “fortuna” di non morire durante la tratta?”
Claustrofobia: gli attraversamenti terrestri e marittimi non sono che un percorso minato e legittimato ad esserlo da ogni tipo di autorità di controllo locale, per raggiungere la meta…corrotta.
Omicidi premeditati.
Ingegnosa la narrazione che si sviluppa senza essere soffocata unicamente dal racconto dell’attraversamento dell’orrore, ma pure ricordandoci con quali leggi abbiamo a che fare. Orrore nell’orrore.
Non c’è nessuna speranza, possiamo solo aggiungere un po’ di consapevolezza, grazie a Fabrizio Gatti che ha voluto vestire la maschera di Bilal per meglio raccontare.
Non dimenticare le motivazioni e la speranza di chi decide di partire: restano l’unico punto di riferimento dal quale NON liberarsi.
Anche questo ti ricorda lo spettacolo.