E si riaprono i CIE
Cari lettori,
riportiamo l’articolo di Alessandra
Coppola uscito sabato 30 agosto 2014 sul Corriere della Sera.
Rifugiati, piano accoglienza |
nuova (provvisoria) vita del Centro di identificazione ed espulsione
(Cie) di via Corelli, «prestato» per sei mesi dal Viminale al
Comune per far fronte all’«emergenza profughi».
Lunedì, in
Prefettura, saranno definiti gli ultimi dettagli, tempo due
settimane ed entreranno nella struttura appena rinnovata i primi 140
rifugiati (tanti quanti sono gli attuali posti letto). Quindi, sarà
fatto spazio per altri ospiti ancora, sfruttando tutte le aree
disponibili. Contemporaneamente, alle spalle dell’ex Palasharp,
verrà allestito un nuovo centro-dormitorio per un centinaio di
persone, poco lontano dalla struttura gestita dalla cooperativa
Farsi Prossimo (Caritas) in via Padre Salerio. Qualche esperimento è
stato fatto già in estate, da settembre diventerà questo il
secondo principale pilastro della nuova strategia comunale
sull’«emergenza».
«È in corso una riorganizzazione del
sistema dei luoghi di accoglienza – spiega l’assessore alle
Politiche sociali, Pierfrancesco Majorino -, che si baserà
fondamentalmente sulle aree di via Corelli e dell’ex Palasharp.
Questo darà la possibilità – continua – di chiudere
progressivamente le strutture di via Fratelli Zoia o di via Aldini,
per esempio, sulle quali ha gravato tantissimo l’emergenza
quest’anno».
Accoglienza a
famiglie siriane ed eritree
L’assessore l’aveva già
annunciato prima della pausa estiva: un «turnover» degli spazi
cittadini pensato in modo da alternare i quartieri sotto pressione.
Da mesi, poi, Majorino era in trattativa con i rappresentanti del
governo per ottenere che la struttura di via Corelli non riaprisse
come Cie. Il Centro era stato chiuso lo scorso dicembre dopo
numerose rivolte, incendi e danneggiamenti. Da gennaio era stata
avviata la ristrutturazione e al tempo stesso era stata bandita una
nuova gara per la gestione, scaduto il contratto con la Croce Rossa.
Il nuovo corso è stato affidato a una società francese esperta di
carceri, la Gepsa, che avrebbe dovuto far ripartire l’attività
del Cie a settembre. A luglio, però, il Comune ha ottenuto a Roma
la promessa di una destinazione d’uso provvisoria. E i nuovi
gestori, assieme agli ex dipendenti della Croce Rossa riassunti,
fino a marzo non si occuperanno di immigrati irregolari in attesa di
espulsione, ma di famiglie prevalentemente siriane ed eritree, in
fuga da guerra e dittatura.
«Aspettiamo il
presidio dell’Asl in stazione»
Gli ultimi dati, appena calcolati a
Palazzo Marino, contano tra il 18 ottobre 2013 e lo scorso 27 agosto
un passaggio a Milano di 29.625 rifugiati, di cui la grandissima
maggioranza siriani (21.145). L’ultimo mese è stato il più
impegnativo, con una media di 272 arrivi al giorno e 1.153 ospiti a
notte. Una situazione ancora complicata, segnalano al Comune, che
richiede ancora la collaborazione del governo e degli altri enti
locali. «Molte delle nostre richieste sono state accolte – dice
ancora Majorino -, siamo però ancora in attesa di un presidio medico
permanente dell’Asl in stazione. Ci sarebbe già il luogo adatto,
nell’ex ambulatorio al binario 21. Manca la volontà di Asl, Grandi
Stazioni e, soprattutto, della Regione, che a parole dice di avere a
cuore la salute dei milanesi, ma poi non interviene».