COMPACT MIGRATORI EUROPEI: in vista del Vertice europeo dei 28 e 29 giugno
Un articolato documento di LINK 2007 dal titolo “L’UE e i nuovi partenariati in tema di migrazioni: opportunità o mutazione genetica?” ripercorre, con commenti critici e propositivi, la proposta europea sui compacts migratori. I capi di Sato e di Governo ne discuteranno la prossima settimana a Bruxelles. LINK 2007 suggerisce modifiche nella concezione e nei provvedimenti individuati, ritenendo che così com’è la proposta dei compacts è destinata al fallimento.
Dal Migration Compact italiano ai Compacts UE – Paesi Terzi. La comunicazione della CE del 7 giugno si rifà alla proposta di Migration Compact del presidente Renzi. La proposta italiana, nota LINK 2007, “è strettamente legata all’idea di un ampio programma di sviluppo con l’Africa, indirizzato agli investimenti in infrastrutture, all’educazione, all’occupazione, all’inclusione economica, sociale e culturale delle fasce e regioni più bisognose”. Mentre “la nuova partnership europea con i paesi terzi rimane incentrata sul contenimento dell’immigrazione”, stravolgendo quindi l’impianto della proposta italiana.
I Compacts e le politiche UE di sviluppo e di vicinato. LINK 2007 ricorda che la CE prevede da un lato un approccio “coordinato, sistemico e strutturale” tra l’Unione e gli stati membri e dall’altro una serie di accordi, compacts, con paesi particolarmente toccati dal fenomeno migratorio al fine di cooperare strettamente alla sua gestione. A breve termine si punta alla salvezza e tutela delle persone, la lotta al traffico e sfruttamento di esseri umani, i ritorni volontari, le riammissioni, la permanenza in paesi vicini alle aree di conflitto. Il lungo termine si concentra sulle cause delle migrazioni con interventi in campo sociale, politico, economico, ambientale. LINK 2007 evidenzia come, in realtà, la CE delinea “un radicale cambiamento delle politiche di cooperazione allo sviluppo e di vicinato per renderle subalterne ai compacts” e rimprovera l’assenza di riferimenti “all’azione politica per la pace e alla vendita delle armi che dovrebbe vedere un maggiore ruolo dell’UE per prevenire e mettere fine ai conflitti che provocano fughe di intere popolazioni”. Si tratta per LINK 2007 di “errori politici che evidenzierebbero la gravità della crisi dell’UE e la sua limitata capacità di analisi, strategia, visione di lungo periodo del suo ruolo nel mondo”.
Le risorse finanziarie. “La CE propone un rimaneggiamento e una razionalizzazione degli stanziamenti e strumenti finanziari programmati nel bilancio 2014-2020 e introduce condizionamenti incentivanti o disincentivanti i rapporti con i paesi partner sulla base dell’adesione ai compact migratori: nelle relazioni economico-commerciali, nelle politiche di sviluppo e in quelle relative all’educazione, i cambiamenti climatici, l’energia, l’ambiente”. Vengono così introdotte, a parere di LINK 2007, forti ambiguità. “Che cooperazione sarà quella disincentivata? Che reazioni potranno esserci da parte dei paesi disincentivati” data anche la disponibilità di vari altri paesi donatori più interessanti e meno condizionanti? Limitate sono comunque le risorse nuove, solo 500 milioni di euro. La CE sollecita quindi ampi investimenti privati per moltiplicare gli interventi. Saranno costituiti un fondo e un piano per gli investimenti esterni sia pubblici (governi e banche di sviluppo degli stati membri, Bei, Bers) che privati (imprese, banche, fondi di investimento) accompagnati da garanzie e incentivi quali la copertura del rischio e i fondi concessionali. Un piano che secondo LINK 2007 può funzionare solo in una logica di sviluppo e di partenariato vero, uscendo decisamente dalla visione miope e introversa della Commissione europea.
Osservazioni e proposte. Le Ong di LINK 2007 avanzano 10 osservazioni e proposte, auspicando che il Consiglio cambi decisamente l’approccio della CE. In sintesi:
1. La vita, la dignità delle persone e il rispetto dei diritti fondamentali, compresa l’accoglienza di chi corre gravi pericoli, devono guidare ogni politica migratoria.
2. Il principio “aiutiamoli a casa loro” richiede una consistente e illuminata strategia di sviluppo e di stabilizzazione politica, non barriere e campi di internamento.
3. L’Europa propone un mutamento genetico delle politiche di sviluppo e di partenariato dell’UE con i paesi terzi, riducendole a un do ut des subordinato agli immediati interessi europei. Esso va contrastato.
4. La leadership strategica dei partenariati dovrà fare capo alla CE con riferimento alle politiche di sviluppo e di vicinato, e non alle politiche di sicurezza o alle istituzioni finanziarie degli investimenti.
5. I temi dei diritti umani e della protezione internazionale rimangono troppo sfuocati. L’accordo UE-Turchia non può essere il modello a cui riferirsi; devono invece esserlo le convenzioni europee e internazionali sui diritti umani e la protezione internazionale.
6. Se l’esternalizzazione della gestione dell’asilo può essere una misura di tamponamento in un’UE confusa e divisa, l’Europa dovrà in ogni caso e quanto prima assumere le proprie responsabilità se non vuole tradire se stessa e ridursi ad entità marginale nel contesto mondiale.
7. Si deve chiaramente distinguere tra la cooperazione per lo sviluppo e le altre cooperazioni sulla sicurezza e il contenimento dei migranti, senza ingannare le pubbliche opinioni.
8. La politica di cooperazione per lo sviluppo va chiaramente e concretamente indirizzata al contrasto alle disuguaglianze, anche nei paesi ad alto tasso di crescita economica i cui benefici non sono però minimamente percepiti da milioni di persone, rimanendo a vantaggio di pochi.
9. La coerenza delle politiche dovrà guidare la strategia europea, verificando che ogni attività sia coerente con gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 e che i programmi di sviluppo, l’impegno per la fine dei conflitti e la loro prevenzione, i provvedimenti per l’accoglienza e integrazione degli immigrati e rifugiati procedano in modo parallelo e coerente.
10. Una più forte integrazione tra le politiche di accoglienza e integrazione e la politica di cooperazione internazionale allo sviluppo si impone, anche in coerenza con quanto delineato in anni di dialogo politico in Europa e all’ONU sul rapporto migrazioni-sviluppo.