Schiavi di un dio minore
Schiavi di un dio minore è il titolo del saggio scritto da Giovanni Arduino e Loredana Lipperini (Utet).
Gli schiavi di un dio minore vivono tra noi, anche se non li vediamo. Ne rimangono tracce sui giornali: il trafiletto su un bracciante morto di stenti in un campo di raccolta, l’editoriale sui magazzinieri che collassano a fine turno. Quelli che invece vivono lontani sono ridotti a numeri, statistiche: il tasso di suicidi nelle aziende asiatiche dove si producono a poco prezzo i nostri nuovi device, la paga oraria delle operaie cinesi o bengalesi che rendono così economici i nostri vestiti. D’altra parte si sa, l’abbattimento dei prezzi, senza intaccare i guadagni, si ottiene sacrificando i diritti e a volte la vita dei lavoratori, a Dacca come a Shenzhen o ad Andria.
Ma non si tratta solo di delocalizzare o impiegare manodopera immigrata. Dove manca il padrone, c’è lo schiavismo autoinflitto dei freelance, che sopravvivono al lordo delle tasse, senza ferie pagate, contributi, tempo libero. Indipendenti, sì, ma incatenati alle date di consegna e al giudizio insindacabile dei committenti, ai loro tempi biblici di pagamento.
Raccogliendo le storie, le voci soffocate, Giovanni Arduino e Loredana Lipperini smascherano gli inganni del nostro tempo, in cui la vita lavorativa si fa ogni giorno più flessibile, liquida, arresa: se la struttura legislativa del lavoro si smaterializza, tornare a parlare di corpi, a far parlare le persone, è un modo per non rassegnarsi e resistere.
L’Associazione per i Diritti umani ha rivolto alcune domande a Giovanni Arduino. Ecco a voi le sue gentili risposte.
L’abbattimento del costo delle merci prevede la negazione di alcuni diritti fondamentali: può farci alcuni esempi?
Si tratta soprattutto (ma non solo) di quello relativo ai lavori intellettuali, dove per raggiungere certi risultati e rispettare certe consegne molto strette si diventa di fatto schiavi di se stessi, imponendosi ritmi disumani.
Com’è possibile rimettere la “persona” al centro delle riflessioni sull’economia e sul mercato del lavoro?
Finché non si costituirà un senso di comunanza e condivisione tra i lavoratori, finché non finirà questa specie di “guerra tra poveri” dove si punta sempre il dito contro chi è messo un po’ meglio di noi, temo che qualunque soluzione risulti impraticabile.
Può anticipare ai nostri lettori un paio di storie e avete raccolto e commentarle?
Forse è meglio leggere direttamente il libro. Perché si tratta appunto non di un saggio sul lavoro, né io né Loredana avremmo avuto gli strumenti o l’autorevolezza per scriverne uno, ma di una raccolta di moltissime storie, dal magazziniere di Amazon all’operaia tessile di Dacca. La nostra è un’istantanea sulla situazione di oggi, che sembra peggiorare senza che una via d’uscita si profili all’orizzonte.