Restrizione degli spazi di agibilità della società civile, criminalizzazione delle ONG e attacco ai difensori dei diritti umani
Lo scorso 27 ottobre si è tenuto, a Roma, il workshop:
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“Restrizione degli spazi di agibilità della società civile, criminalizzazione delle ONG e attacco ai difensori dei diritti umani” a cura di In Difesa Di, per i Diritti Umani e chi li Difende, e la partecipazione di Transnational Institute e Civil Society Europe. |
Ecco per voi alcune riflessioni raccolte da Francesco Martone, portavoce di IN DIFESA DI, che ringraziamo molto. Da Osservatorio Carta di Milano.
Si calcola che almeno sei miliardi di persone nel mondo vivano in paesi dove la libertà di opinione, associazione, iniziativa sociale e politica, la possibilità di organizzare campagne per i diritti civili, sociali, ambientali sono in tutto o in parte negate. Paesi nei quali le autorità governative varano leggi draconiane per mettere al bando organizzazioni nongovernative, o per restringerne progressivamente la capacità di azione. Dalle intimidazioni, alle campagne denigratorie e di diffamazione a mezzo stampa, all’imposizione di condizioni sempre più stringenti per la rendicontazione delle fonti di finanziamento, a complicate procedure burocratiche, ricorrendo poi in casi estremi all’arresto, ed alla condanna per attività criminali, terroristiche o in qualche maniera considerate contro l’interesse nazionale e la sicurezza, gli strumenti per restringere questi spazi di agibilità sono tanti, e spesso ricorrenti. In gergo si definisce “shrinking space” o “closing space” per la società civile e più in generale per le libertà civili e democratiche. E’un leitmotiv, che ormai in varia intensità attraversa la gran parte dei paesi nel mondo, anche in quelle che dovrebbero essere considerate “democrazie liberali”. Torsioni securitarie, retorica nazionalista, xenofoba, rafforzamento delle formazioni populiste di destra rappresentano oggi una minaccia senza precedenti per le organizzazioni della società civile anche nell’Unione Europea. Ne è la riprova un recente dossier preparato dall’organizzazione Civil Liberties Union for Europe, dal titolo “Participatory democracy under threat: Growing restrictions on the freedoms of NGOs in the EU” che sottolinea la gravità degli attacchi ripetuti alle organizzazioni della società cibile in vari paesi membri dell’Unione Europea. Secondo il dossier, la restrizione degli spazi di agibilità per le organizzazioni della società civile è spesso accompagnata da misure volte a limitare la libertà d’espressione e di stampa e ad assicurare l’autonomia e l’indipendenza del potere giudiziario. Le organizzazioni più colpite sono quelle che lavorano per assicurare le libertà ed i diritti civili, quelli delle minoranze, dei rifugiati e dei diritti LGBTI e delle donne. Il rapporto fa anche riferimento esplicito alle campagne di diffamazione e criminalizzazione delle organizzazioni che accolgono e prestano solidarietà ai migranti e rifugiati nel nostro paese stigmatizzando come pratica discriminatoria la creazione dell’albo delle ONG che operano per il salvataggio di migranti in mare. Ed anche di come tale campagna abbia alterato significativamente la percezione dell’opinione pubblica italiana verso l’operato delle ONG, pregiudicandone anche importanti fonti di autofinanziamento.
Questi dati allarmanti riflettono quanto riscontrato anche nel primo rapporto dell’Ufficio dell’OSCE per la Democrazia e i Diritti Umani, relativo alla situazione dei difensori dei diritti umani nei paesi OSCE, il primo mai prodotto. Un documento importante anche in vista della prossima presidenza italiana dell’OSCE nel 2018, occasione per rilanciare con forza un’iniziativa ampia della società civile italiana sui temi dei diritti umani, e della difesa dei difensori dei diritti umani. Orbene il rapporto OSCE per il 2014-2016, intitolato “The Responsibility of States”: Protection of Human Rights Defenders in the OSCE Region (2014–2016) denuncia l’aumento registrato negli ultimi tre anni degli attacchi ai difensori dei diritti umani nei paesi membri OSCE da parte di attori statuali e non-statuali, in particolare – come anche sottolineato da Civil Liberties Union for Europe – contro chi difende i diritti delle donne, delle minoranze etniche ed i diritti LGBTI.
Ad aprile di quest’anno CIVICUS aveva reso noti i dati raccolti nel corso del 2016. La loro pubblicazione ha un titolo eloquente “People Power under Attack” (il potere del popolo sotto attacco).
Secondo CIVICUS, solo il tre percento della popolazione mondiale vive in paesi dove lo spazio di agibilità ed iniziativa “civica” può considerarsi “aperto”. Sono ben 106 i paesi dove chi si mobilita pacificamente rischia la galera, la morte o la repressione. Dei 195 paesi monitorati da CIVICUS in 20 lo spazio di agibilità è chiuso, represso in 35, ristretto in 63, ed “aperto” in solo 26. Oltre sei miliardi di persone vivono in paesi dove l’agibilità politica e civica è chiusa, repressa o ostruita.
I dati di CIVICUS rivelano con chiarezza la responsabilità degli apparati di stato nell’assalto sistematico a chi, individui o movimenti, critichi l’autorità, svolga attività di monitoraggio dei diritti umani, o rivendichi i proprio diritti sociali ed economici. Il più recente rapporto sullo stato della società civile nel mondo sempre a cura di CIVICUS, va oltre ed identifica nella crescita del populismo e dell’estremismo sciovinista una delle cause dell’aumento della sfiducia verso la società civile, pretesto per attacchi allo spazio di agibilità civica.
In questo contesto parlare semplicemente di “shrinking space” potrebbe rappresentare un’urgenza ed un’emergenza politica globale in maniera asettica e per questo “depoliticizzata”. Chi è responsabile del restringimento di questi spazi di agibilità? Chi li occupa e popola quegli spazi? Solo quella che si può considerare secondo norma la società civile? In realtà anche la scelta delle terminologie ormai diventate ricorrenti anche tra fondazioni e agenzie di cooperazione, rischia di invisibilizzare ancor di più quello che già di per sé è invisibile, chi quotidianamente lotta e resiste per i propri diritti e quelli della collettività. E poi rischia di dividere il fronte tra “buoni” e “cattivi”. Tra le organizzazioni che meritano riconoscimento e supporto, e quelle che per loro natura e pratica di critica radicale, vanno marginalizzate, soffocate, represse. Ed anche creare una situazione nella quale le grandi ONG potrebbero finire per contribuire al restringimento degli spazi di agibilità per le organizzazioni della società civile ed i movimenti.
Cos’era fino a qualche tempo fa. Non ora da quando ad esempio in Italia, la retorica e la pratica di marginalizzazione, delegittimazione, criminalizzazione ha travolto anche le grandi ONG quali MSF e Save the Children. Un fatto nuovo che offre importanti possibilità di costruzione di alleanze trasversali.
Per questo è assai importante cercare di comprendere se la recente campagna di criminalizzazione delle organizzazioni non governative e della società civile che fanno soccorso in mare, o solidarietà con migranti e rifugiati sia un caso isolato o – come appare più plausibile – la manifestazione estrema di un “trend” che si è insinuato in maniera insidiosa anche nel nostro paese. Dalla criminalizzazione ed intimidazione verso comitati e movimenti per la protezione dell’ambiente e del territorio (ad esempio No TAV o No TAP), o di alle minacce a giornalisti o avvocati da parte della criminalità organizzata o la proposta di legge per la criminalizzazione della campagna BDS e di chi la sostiene, anche nel nostro paese iniziano a palesarsi i sintomi di una dinamica preoccupante. Sempre secondo CIVICUS, nel nostro paese nella prima metà del 2016 le principali libertà civili di associazione, riunione ed espressioni sono generalmente rispettate, ma sussistono alcune problematiche. Dalla discrezionalità nelle operazioni di ordine pubblico, all’uso eccessivo della forza in occasione di proteste di piazza. Occasionalmente difensori e difensore dei diritti umani soffrono minacce e intimidazioni. Anche il rapporto sulla situazione dei difensori dei diritti umani nei paesi OSCE riporta alcuni casi relativi all’Italia tra cui le denunce di un’organizzazione di donne Rom e sottolinea anche i rischi per la libertà di associazione rappresentati dall’attuale legislazione sulle manifestazioni di piazza, e l’obbligo di notifica preventiva. Preoccupa a tal riguardo l’assenza in Italia (a differenza della grande maggioranza dei paesi OSCE) di un’Autorità nazionale indipendente per i diritti umani, come richiesto da importanti risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Dopo anni ed anni di discussioni e dibattiti parlamentari, si era giunti ad una possibile mediazione che avrebbe permesso di approvare un disegno di legge per istituire l’Autorità, ipotesi “congelata” assieme ad altre importanti iniziative legislative sui temi dei diritti civili.
Per tutto questo oggi proteggere i difensori della terra, dell’ambiente, dei diritti umani è un compito urgente, una sfida essenziale anche per la politica e per il settore privato, oltre che per la società civile nel nostro paese. Il prossimo anno l’Italia presiederà l’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione Europea) che attribuisce grande rilevanza al tema dei difensori dei diritti umani nei suoi paesi membri, tra cui vanno annoverati seppur con modalità diverse, paesi come la Turchia, l’Egitto, la Polonia, o l’Ungheria. E non solo, il 2018 marcherà il 20esimo anniversario della Dichiarazione ONU sui Difensori dei Diritti Umani occasione imperdibile per rilanciare con forza il tema della difesa dei difensori dei diritti umani e della tutela degli spazi di agibilità “civica” chiedendo al governo, al Parlamento ed agli enti locali uno sforzo collettivo per questa importante campagna di civiltà politica e sociale.
Di questo si è parlato nel workshop promosso dalla rete In Difesa Di – per i diritti umani e hi li difende, assieme al Transnational Institute, ed a Civil Society Europe che si è tenuto a Roma il 27 ottobre scorso. Accanto all’analisi delle dinamiche di marginalizzazione e criminalizzazione a livello globale ed europeo i partecipanti hanno avuto occasione di confrontarsi sulle ricadute nel loro lavoro specifico da chi lavora con i migranti e rifugiati, a chi opera nella campagna BDS, o con comunità Rom.
Dal workshop è nata l’idea di lavorare ad un portale che raccolga informazioni, materiali, dati sullo “shrinking space” come si manifesta come difendersi e quali strumenti sono a disposizione per denunciare pratiche di criminalizzazione, e delegittimazione a livello internazionale. Oltre all’OSCE, con i suoi uffici e le sue direttive sui Difensori dei Diritti Umani, esiste la possibilità di rivolgersi al Relatore Speciale ONU sui Difensori dei Diritti Umani,Michel Forst, che sta lavorando ora ad un rapporto sulla criminalizzazione della solidarietà da presentare all’assemblea generale delle Nazioni Unite a marzo 2018. Sarà questa l’occasione per lavorare in maniera concertata e collaborativa al fine di facilitare la produzione di materiali informatici, e l’invio di casi direttamente all’ufficio del Relatore Speciale. Per ultimo, la rete In Difesa di, assieme ad Un Ponte Per, lavorerà per sostenere l’organizzazione in Italia di un workshop internazionale di attivisti e rappresentanti di movimenti coordinato dal Transnational Institute al fine di discutere e condividere pratiche di resistenza e creazione di alleanze. A breve il Transnational Institute diffonderà un nuovo dossier dedicato alla criminalizzazione della solidarietà, che potrà fornire uno strumento utile di lavoro ed approfondimento anche nell’ottica di rafforzare il ruolo ed il contributo dell’Osservatorio della Carta di Milano. La rete In Difesa Di è a disposizione con le sue competenze, strumenti e capacità.
Per maggiori informazioni: www.indifesadi.org
Per approfondimenti:
Transnational Institute: “On shrinking space: a framing paper” (traduzione in Italiano disponibile a breve)
https://www.tni.org/files/publication-downloads/on_shrinking_space_2.pdf
Global Witness, The Guardian: https://www.theguardian.com/environment/2017/oct/11/2017-deadliest-on-record-for-land-defenders-mining-logging
Rapporto OSCE per il 2014-2016, “The Responsibility of States”: Protection of Human Rights Defenders in the OSCE Region (2014–2016) http://www.osce.org/odihr/341366
Civil Liberties Union for Europe, “Participatory democracy under threat: Growing restrictions on the freedoms of NGOs in the EU” https://www.liberties.eu/en/news/participatory-democracy-under-threat-summary/12755
Civicus Monitor, “People power under attack”: http://www.civicus.org/images/People_Power_Under_Attack_Findings_from_the_CIVICUS_Monitor.pdf
Civicus, “State of Civil Society in the world, 2017” http://www.civicus.org/index.php/state-of-civil-society-report-2017